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Per radunare 30 mila lire che mancavano alla costruzione della chiesa di San Francesco di Sales, Don Bosco nel 1851 organizzò per la prima volta una lotterìa pubblica. Lo spaccio dei biglietti gli costò molte umiliazioni, ma il successo fu notevole. E di fare lotterìe Don Bosco non smise più. Nelle ultime lettere, scrìtte con mano incerta, raccomanderà ancora di accettare un blocchetto di biglietti per la mia lotterìa.
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Il dipinto, nella chiesa di San Francesco di Sales, raffigura i conti Federico e Carla Callori di Vignale. La contessa Callori ebbe con Don Bosco una generosità straordinaria. Era l'ultima riserva a cui egli ricorreva nei casi impossibili. Non ebbe mai un rifiuto. Per questo Don Bosco la chiamò con delicatezza mamma Callori.
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Negli ultimi anni per le sue mani passarono somme ingentissime, colossali. Don Bosco ricambiò questa generosità con una profonda riconoscenza. Migliaia di lettere, che gli rubarono il sonno e la salute, furono da lui scrìtte a tutti i suoi benefattori, al contadino, all'operaio che gli offriva 10 centesimi, al banchiere che gli spediva migliaia di lire.
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Fin dai primi tempi dell'Oratorio, un elemento di disturbo era la Giardiniera cioè la bettola frequentatissima di casa Bellezza. Specialmente d'estate si sentivano i canti e le urla degli ubriachi. Per decine d'anni Don Bosco cercò di comprare quella casa, ma invano. Solo nel 1883, quando la proprietaria morì, egli potè acquistarla per l'ingente somma di lire 110 mila.
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Gli inizi furono modesti: due ruote fatte girare dai ragazzi con la forza delle braccia. Ma, ancora vivente Don Bosco, quella tipografia divenne grandiosa e moderna, tanto da competere con le migliori della città: quattro torchi, dodici macchine mosse a energia, stereotipia, fonderìa dei caratteri, calcografia.
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Il quinto laboratorio aperto da Don Bosco a Valdocco, il più desiderato, fu la tipografia. Don Bosco dovette armeggiare quasi un anno per ottenere l'autorizzazione prefettizia. Fu accordata il 31 dicembre 1861.
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Nel sogno del pergolato di rose — racconta Don Bosco — vidi uno stuolo di preti, chierici, secolari, i quali mi dissero: Siamo tutti suoi. Siamo pronti a seguirla. In questo quadro sono raffigurati questi uomini che ebbero fiducia in Don Bosco, e nel suo nome lavorarono tra i giovani in ogni parte del mondo.
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Nei sotterranei del Santuario di Maria Ausiliatrice, nel 1868, fu inaugurata la panetteria dell'Oratorio. Sfornava ogni giorno settecento chili di pane. Don Bosco accompagnava volentieri i visitatori in panetterìa, faceva assaggiare il pane fresco e diceva: Questo ce lo manda giorno per giorno la Provvidenza (MB 18, 251). Il mangiare il pane di Don Bosco era sinonimo di farsi salesiano.
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Per i laboratori e le scuole professionali, Don Bosco inventò una nuova forma di religiosi: i Coadiutori Salesiani. Egli disse loro nel 1883: Voi non dovete essere chi lavora direttamente, ma chi dirige. Io ho tanto bisogno di avere molti che mi vengano in aiuto in questo modo: non dovete essere servi ma padroni, non sudditi ma superiori.
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Questa foto del 1870 ritrae Don Bosco con 18 dei primissimi salesiani. Tra di essi sono alcune colonne fondamentali della Congregazione. In prima fila, da sinistra, sono Don Costamagna, Don Cagliero, Don Durando. Dopo Don Bosco si scorgono Don Lazzero, Don Angelo Savio, i chierici Pellegrini, Barberis e Bertello.
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La strada che Don Bosco dovette percorrere per l'approvazione della Congregazione e delle sue Regole fu lunga e difficile. Il 1° marzo 1869 un decreto romano approvò ufficialmente la Società Salesiana. (Il documento è nella diapositiva). Solo il 3 aprile 1874, per intervento personale del Papa, furono approvate le Regole Salesiane.
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Le Regole, che Don Bosco diede ai suoi Salesiani, furono ispirate da queste parole di Pio IX: Siano miti e di facile osservanza. La foggia del vestire, le pratiche di pietà non vi facciano distinguere in mezzo al mondo. Ogni membro della Società sia un religioso in faccia alla Chiesa e un libero cittadino nella civile società. (Nella diapositiva una pagina manoscritta delle Regole e la stampa del 1860).
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Fin dall'inizio, Don Bosco mise la sua opera sotto la protezione di san Francesco di Sales. Il perché l'ha scritto lui stesso: Perché questo nostro ministero esige grande calma e dolcezza: ci siamo messi perciò sotto la protezione di san Francesco di Sales perché ci ottenesse la sua straordinaria mansuetudine.
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In questa pagina sono raccolte le firme dei primi 18 Salesiani che accettarono di unirsi nella Congregazione Salesiana. Nella cronaca di Don Ruffino si legge: L'11 giugno 1860 abbiamo sottoscritto le regole della Congregazione di San Francesco di Sales.
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In questo clima di famiglia Don Bosco si sceglie i primi aiutanti. Questa pagina di taccuino di Michele Rua registra la nascita dei Salesiani: La sera del 26 gennaio 1854 ci radunammo nella stanza di Don Bosco: esso Don Bosco, Rocchietti, Artiglia, Cagliero e Rua; e ci fu proposto di fare... una prova di esercizio pratico di carità... Da tale sera fu posto il nome di Salesiani a coloro che si proposero... tale esercizio.
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È la foto più bella di Don Bosco. È stata scattata nel 1861, e rappresenta al vivo la realtà di quegli anni: i ragazzi si stringono intorno a Don Bosco, lo sentono loro amico. Egli può scrivere con verità: Io con voi mi trovo bene: è proprio la mia vita stare con voi.
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Anche da lontano, Don Bosco viveva con il pensiero accanto ai suoi ragazzi. Scrìveva loro lettere affettuosissime. Il 16 agosto 1863, dal Santuario di Oropa, descrive le meraviglie del Santuario e dei monti che lo circondano, ma aggiunge subito: Ma il mio cuore prova un vero rincrescimento: non vedo i miei cari giovani.
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2 febbraio 1842. È la festa della Purificazione di Maria (allora festa di precetto). Ai suoi primi 25 ragazzi Don Bosco ha insegnato a cantare una semplice lode della Madonna, Lodate Maria. Durante la Messa la gente guarda meravigliata quei 25 barabbotti che cantano bene e con delicatezza. Da quel giorno la musica fu sempre di casa nelle opere di Don Bosco: portava un'allegrìa di paradiso.
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Le feste dell'Oratorio erano rallegrate da splendide recite. Egli stesso scrìsse soggetti teatrali. (La diapositiva ne presenta tre, accanto a un programma teatrale). In un articolo del regolamento, ricordò che lo scopo del teatro non è soltanto divertire, ma educare e istruire i giovani.
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Un oratorio senza musica è un corpo senz'anima, diceva Don Bosco. Per i suoi giovani escogitò mille modi per rallegrarli, e la banda fu tra i primi. Coltivava la musica strumentale e vocale come fontana dell'allegria dei suoi giovani. Voleva che i suoi ragazzi suonassero, e mise nelle loro mani giovanissime gli strumenti musicali. Volle che i suoi Salesiani si diplomassero in musica, per insegnare bene.
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In occasione della festa onomastica di Don Bosco, i giovani facevano capriole di fantasia per esprimergli la propria riconoscenza. Ecco tre curiosi attestati: uno a forma di cuore, un secondo a forma di cedola bancaria per riscuotere 6 mesi di buona condotta, un terzo a modo di fattura libraria che invece di libri elenca buoni propositi.
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Appena potè, aprì per gli apprendisti i laboratori interni. Dopo i calzolai e i sarti fu la volta dei legatori, poi dei falegnami e dei tipografi, finalmente dei meccanici. Per i suoi laboratori, Don Bosco inventò una forma nuova di religiosi: i salesiani coadiutori, religiosi come i chierici e i preti, ma dedicati alle scuole professionali.
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Nell'archivio salesiano si conservano alcuni contratti di apprendistato firmati dal datore di lavoro, dall'apprendista e da Don Bosco nel 1851 e 1852. Son tra i più antichi contratti per apprendisti firmati a Torino. Don Bosco, collocando i suoi primi giovani a imparare un mestiere, si preoccupava di difenderli dai padroni non sempre onesti.
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Fin dall'inizio i primi ragazzi di cui Don Bosco si occupò erano giovani operai o apprendisti o semplicemente immigrati delle campagne in cerca di lavoro. Procurava loro un padrone e, appena potè, li ospitò nell'Oratorio, nei laboratori aperti da lui.
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Il clima gioioso e festivo del primo Oratorio fu sempre tale per Don Bosco. Egli ricordava la scena commovente della partenza degli oratoriani, alla sera della domenica: Usciti di chiesa, sei dei più robusti facevano con le loro braccia una specie di sedia, sopra cui era giocoforza che io mi ponessi a sedere... Procedevamo cantando e ridendo fino al rondò... Fattosi profondo silenzio, io potevo augurare a tutti buona sera e buona settimana.
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Accanto al convitto interno popolato di ragazzi studenti e artigiani, continuò a vivere e a prosperare l'oratorio esterno. Quando non potè più occuparsene di persona, Don Bosco lo affidò a Don Giulio Barberìs. Gli oratoriani utilizzavano come loro chiesa quella di San Francesco di Sales, e giocavano su un'ampia striscia di terreno lungo il Santuario.
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D cortile dei giovani studenti si estendeva davanti all'edificio delle camerette di Don Bosco. Anche negli ultimi anni, consumato dai viaggi e dai debiti, Don Bosco non si stancò mai dei suoi ragazzi. Vederli, sentirli, fare dieci passi con loro, gli ridava la vita anche dopo giornate massacranti.
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Una lunga costruzione diagonale che correva lungo il tracciato dell'antica via Giardiniera, divideva il cortile dei giovani artigiani da quello dei giovani studenti. Ecco quello degli artigiani a fianco del Santuario. Qui sovente scendeva Don Bosco a sfidare i giovani più robusti alla corsa.
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Chi entrò nell'Oratorio tra il 1868 e il 1910, ebbe davanti questo scenario. Chi voleva raggiungere le camerette di Don Bosco, percorreva questo passaggio, tra la basilica e il margine del cortile dei giovani artigiani.
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Quest'antica fotografia ripresa dall'alto, è un prezioso documento delle prime costruzioni realizzate da Don Bosco. Il rifacimento della vecchia casa Pinardi (a sinistra), il suo prolungamento, il fabbricato delle camerette (al centro), e la casa Filippi dopo gli adattamenti apportati nel 1863. L'ospizio era iniziato e avviato.
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Con l'entrata in funzione dei nuovi edifìci, il numero dei ragazzi ospitati in Valdocco potè toccare il numero di 800. Stupisce il pensiero che in pochi anni Don Bosco, senza denari, abbia potuto realizzare opere così imponenti per i suoi ragazzi.
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Questi due edifici furono aggiunti all'Oratorio negli anni 1860-64. Il primo a sinistra è la casa Filippi, acquistata da Don Bosco per l'ingente somma di lire 65 mila. Il secondo fu costruito nel 1863-64. In onore di un salesiano coadiutore, che per anni fu umile magazziniere, fu chiamato palazzo Audisio.
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Questo edificio ad angolo fu costruito subito dopo la chiesa di San Francesco di Sales, nell'autunno 1852. Si alzò a tempo di record, ma le piogge scroscianti lo abbatterono nella notte del 1° dicembre 1852. Don Bosco ebbe un momento di profondo scoraggiamento, ma subito si riprese, e l'edificio fu ricostruito nell'estate del 1853.
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Sotto la chiesa di San Francesco di Sales collocò il refettorio dei giovani artigiani. La scala, ora murata, scendeva dal porticato che si apriva di fianco alla chiesa.
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Per disporre di più locali possibili, Don Bosco fece scavare scantinati sotto i nuovi edifici, e poi anche sotto la chiesa di San Francesco di Sales. Nella diapositiva si vede la rampa di scala che scendeva nello scantinato dov'era collocato il refettorio degli studenti e la cucina.
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Dove ora è l'ampio porticato, nel 1855 era la stanza dove Don Bosco raccolse gli scolari di terza ginnasiale (corrispondente all'attuale terza media). Professore fu il giovanissimo chierico Giovanni Battista Francesia. Tra gli alunni schierati nei banchi, c'era san Domenico Savio.
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Nell'autunno del 1853, Don Bosco iniziò i laboratori dei calzolai e dei sarti. Quello dei calzolai fu piazzato nel locale strettissimo che ora funziona come mini-sacrestia della cappella Pinardi: due deschetti e quattro seggioline. Fu Don Bosco il primo maestro: si sedette al deschetto e martellò una suola davanti a quattro ragazzi.
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Questo è l'edificio costruito da Don Bosco nel 1856 sul luogo dove sorgeva la casa Pinardi. II26 aprile 1852 c'era stato a Torino, terribile, lo scoppio della polveriera. La casa Pinardi, già malandata, ne uscì scossa e con tetti fracassati. La demolizione era sempre urgente. Finalmente Don Bosco ci mise mano nel 1856.
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Le cinque planimetrie raffigurano com'era l'Oratorio vent'anni dopo l'arrivo di Don Bosco a Valdocco, prima che sorgesse il Santuario di Maria Ausiliatrice: al piano sotterraneo le cucine e i refettori; a pian terreno la chiesa di San Francesco di Sales e cinque laboratori; al primo piano le camerate e gli uffici; al secondo piano gli archivi e altri uffici.
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Questo fotogramma del film Don Bosco può servire ad illustrare le parole che egli scrisse sui primissimi tempi dell'Oratorio: Non potendo avere locali per la scuola, per qualche tempo dovetti farla in cucina o in camera mia; ma gli allievi, fior di monelli, o tutto guastavano o tutto mettevano sottosopra.
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A Roma, nell'archivio storico salesiano, sono conservati i due contratti stipulati per l'affitto di casa Pinardi. Il primo, redatto il 1° aprile 1846, concedeva per 300 lire l'affitto di tre locali e di una striscia di terreno per tre anni. Il secondo concedeva l'affitto di altri locali della stessa casa. Le lire salivano a 710 annuali. La diapositiva, oltre al primo contratto ci presenta anche l'inventario della tettoia.
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Il pittore Bellisio, che fu tra i primi ragazzi dell'Oratorio, ci ha tramandato questo disegno della Casa Pinardi. Esso ci mostra la primitiva struttura dell'umile edificio che sarebbe divenuto poi il centro dell'Opera Salesiana. Dalla Casa Pinardi, infatti, i figli di Don Bosco si sarebbero diffusi in tutto il mondo.
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Don Bosco aveva tanto desiderato di vedere decorata la cupola del Santuario. Fu Don Rua a darne l'incarico al pittore Giuseppe Rollini, nel 1889.
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Nell'alto della cupola maggiore, il pittore Rollini ha raffigurato il trionfo e la gloria di Maria Ausiliatrìce in Cielo. Sotto le vittorie riportate dalla Chiesa, con l'aiuto di Maria. Ai piedi della Madonna sono raffigurate la missione di Don Bosco e dell'Opera Salesiana delle Figlie di Maria Ausiliatrìce.
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L'altro sogno è ricordato come Le due colonne in mezzo al mare, e fu raccontato da Don Bosco il 30 maggio 1862. Durante una violenta guerra che i nemici di Dio fanno alla Chiesa e al Papa, il romano pontefice guida la nave della Chiesa ad ancorarsi tra due robuste colonne, sormontate dall'Eucaristia e dalla statua della Madonna.
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Nella facciata interna del Santuario, due grandi quadri del pittore Mario Barberis ricordano due sogni drammatici di Don Bosco. Nel primo durante una terrìbile tempesta, parve a Don Bosco di portare a salvezza molti giovani su una modesta zattera.
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L'altare di san Domenico Savio è stato arricchito nel 1985 da questo quadro del Caffaro Rore. Il giovane santo è raffigurato come il protettore della gioventù attuale, impegnata nello studio, nel lavoro, nelle attività artistiche e sportive. Il gioioso bambino sorretto dalla madre lo addita pure come protettore della vita nascente.
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Presso l'urna di Don Bosco, il pittore Crìda eseguì questo quadro che raduna le caratteristiche del Santo: il suo amore per i ragazzi, il suo lavoro apostolico per portarli a Maria Ausiliatrìce e al Signore Gesù.
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Don Bosco volle che uno dei quadri più belli del santuario rappresentasse san Giuseppe mentre protegge l'Oratorio. Lo descrìsse lui stesso al pittore Lorenzone. Il quadro fu inaugurato solennemente il 2 aprile 1874.
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Il pittore Dalle Ceste ha rappresentato san Giuseppe Benedetto Cottolengo accanto a un povero vecchio che implora di essere accolto nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, da lui stesso fondata. Dall'altra parte è seduta una madre che lo supplica per sé e per il bambino che tiene in braccio.
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San Giuseppe Cafasso è raffigurato mentre parla a un gruppo di sacerdoti, tra i quali è Don Bosco. Fu questa l'attività principale: essere maestro di giovani sacerdoti. Nel Convitto Ecclesiastico, che diresse fino alla morte, avvenuta nel 1860, preparava i sacerdoti appena usciti dal Seminario ad essere preti di Dio e del tempo in cui erano chiamati ad operare.
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Don Bosco è raffigurato proprio a Valdocco in mezzo ai ragazzi che Io guardano con affetto e venerazione. La figura di Don Bosco — scrive Fedele Giraudi — è una delle più somiglianti, avendo il pittore riprodotto a perfezione quella tanto popolare del pittore Rollini, che si conserva nel piccolo museo presso le camerette del Santo.
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Molto ammirata, nel quadro del Crida, la figura di Bartolomeo, il ragazzo che guarda Don Bosco come estasiato, e gli sorride, contento per le parole buone che gli sono state rivolte.
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È qui raffigurato l'incontro di Don Bosco con il giovane muratore Bartolomeo Garelli, avvenuto l'8 dicembre 1841, festa dell'Immacolata Concezione di Maria, nella chiesa di San Francesco di Assisi. Esso segnò l'inizio dell'Oratorio festivo di Don Bosco, che fiorì per tre anni presso quella chiesa.
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Il quadro rappresenta il momento dell'arrivo di Don Bosco e di mamma Margherita presso la casa Pinardi, dopo la malattia e la convalescenza del 1846. Don Bosco indica il terreno che sta davanti alla casa, e col gesto sembra dire: Ecco, mamma, il campo del nostro lavoro.
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Don Bosco per molti anni passò ore e ore nel confessionale. Anche a tarda notte, dava a tutti quelli che lo desideravano la comodità di confessarsi. È risaputo che Don Bosco è stato anche definito il prete della Confessione.
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Nella sacrestia del Santuario sono raffigurati, in grandi quadri del pittore Crida, gli episodi principali della vita di Don Bosco. Qui è raffigurato Giovannino che, in un fienile, intrattiene i suoi amici con racconti e con brillanti lezioni di catechismo.
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Alla sera del 24 maggio, festa dell'Ausiliatrice, mentre scendono le ombre, il Santuario si illumina di una festa di colori. È uno spettacolo indimenticabile. Richiama migliaia di torinesi, che portano i bambini a vedere la Madonna.
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Questa statua di Maria Ausiliatrice viene portata in processione ogni anno, il 24 maggio, per le vie di Valdocco e dei borghi vicini. Essa sfiora il mercato generale della città, dove Don Bosco andava a cercare i suoi primi ragazzi, e passa lentamente nelle vie adiacenti il Cottolengo, dove i malati l'attendono per invocare la sua protezione.
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A destra, nella cappella delle reliquie, è la tomba del beato Michele Rua, uno dei primissimi ragazzi di Don Bosco e suo successore alla testa della Congregazione Salesiana per 22 anni.