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Il re Carlo Alberto dì Savoia regnò in Piemonte dal 1831 al 1849, quando abdicò in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Molto amico del Cottolengo, stimava anche molto Don Bosco ed intervenne direttamente sul sindaco di Torino, Michele Cavour, perché la sua opera non venisse proibita.
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D cardinale Giovanni Mastai-Ferretti fu eletto papa nel giugno del 1846. È quel Pio IX, protagonista di una delle pagine più movimentate e controverse della storia italiana. Amicissimo di Don Bosco, ne incoraggiò l'opera, lo consigliò di fondare la Congregazione Salesiana e al suo parere ricorse in momenti delicatissimi, trovando nel prete di Torino un sostenitore deciso e un consigliere intelligente. A Pio IX, direttamente, si deve l'approvazione definitiva delle Regole della Congregazione Salesiana.
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Mons. Luigi Fransoni, vescovo di Torino dal 1832, ordinò sacerdote Don Bosco il 5 giugno 1841. La stima del vescovo per il suo giovane prete fu sempre molto grande e divenne anche partecipazione diretta alla vita dell'Oratorio, che definì la parrocchia dei ragazzi senza parrocchia. Deciso oppositore della politica liberale e dell'anticlericalismo dominante, monsignor Fransoni pagò di persona la sua coerenza di pastore. Esiliato, arrestato ed espulso dal Piemonte, morì esule a Lione nel 1862
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La marchesa Giulia Francesca di Colbert, sposa del marchese Carlo Tancredi Fallet-ti di Barolo, sindaco di Torino nel 1825, era una donna molto conosciuta e rispettata nell'aristocrazia torinese. Rimasta vedova, la marchesa si impegnò in molte opere di asistenza sociale, in prevalenza destinate a donne e ragazze in difficoltà. Accolse Don Bosco come cappellano pensando di poterlo avere in seguito come direttore spirituale del suo Ospedaletto. Ma i progetti di Don Bosco non coincidevano con i suoi. Non si giunse alla rottura, ma il rapporto della Marchesa con Don Bosco progressivamente si raffreddò.
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E questo è il teologo Borei, chiamato il padre piccolo: un sacerdote buono ed arguto, che non si rifiuta di prendersi in carico il giovane prete presentatogli da Don Cafasso. Lavorando assieme al Rifugio fondato dalla marchesa Barolo, i due sacerdoti divennero molto amici. All'Oratorio i ragazzi apprezzavano il teologo Borei come predicatore, per la sua parlata dialettale, per i proverbi e le trovate con cui arrichiva il discorso.
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La galleria dei personaggi più significativi, entrati nella vita di Don Bosco, si apre con Giuseppe Cafasso, il sacerdote conosciuto come il Santo della forca. Amico, maestro e guida spirituale di Don Bosco, fu lui a metterlo a diretto contatto con le situazioni più drammatiche dei giovani del tempo.
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Tre giorni prima della morte di Don Bosco, il 28 gennaio 1888, i missionari salesiani raggiunsero l'Ecuador. Dopo un inizio stentato, quella missione divenne fiorente. Al di qua della Cordigliera si aprirono centri vastissimi per i ragazzi del popolo. Al di là, i Salesiani raggiunsero in piena selva gli indios Shuar, e ne divennero gli strenui difensori.
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Accanto ai Salesiani, per le missioni partirono anche le Figlie di Maria Ausiliatrice, nella spedizione del 1877. Nel 1880 erano già nelle postazioni avanzate, a prendersi cura delle poverissime famiglie indios. Annunciando la loro partenza, un giornale di Buenos Aires scrisse: Sarà la prima volta da che il mondo esiste, che si vedranno suore in quelle remote terre australi.
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Don Costamagna, seguendo un reparto dell'esercito argentino, fu il primo salesiano a raggiungere la favolosa terra degli indios, la Patagonia. Era il 24 maggio 1879. Scrìsse: Alle 16,34, nel momento in cui il sole tramontava dietro la Cordigliera, mettevo piede sulle sponde della Patagonia. E intonai dal fondo del cuore un inno di grazie alla nostra cara madre l'Ausiliatrice, nel giorno della sua festa.
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La diapositiva ritrae un missionario Salesiano che celebra la Messa per un gruppo di indios Ona. Decine di missionari difesero instancabilmente gli indigeni. Ma essi erano stati contagiati dalle malattie di cui i bianchi erano portatori. Fiaccate dall'alcool offerto dagli stessi bianchi, le varie tribù si estinsero rapidamente.
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Un gruppo di indios Ona, oggi del tutto scomparsi. Don Bosco aveva visto in sogno queste genti lontanissime. Raccontò: Vidi turbe di uomini che percorrevano un'immensa pianura. Altri venivano alle mani con soldati vestiti all'europea... Erano vestiti soltanto di larghi mantelli di pelli di animali, che loro scendevano dalle spalle.
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Don Fagnano fu il primo parroco di Patagònes, un agglomerato di abitazioni sul Rio Negro. Nello spazio di dieci mesi tirò su due scuole per ragazzi e ragazze, tra cui i figli di indios. Patagònes divenne il punto strategico da cui missionari itineranti s'inoltravano per vallate, colline e montagne, a visitare i toldos degli indios e la fazen-das dei coloni bianchi.
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La più grande opera dei missionari salesiani fu la difesa degli indios Araucani. Manuel Namuncurà, l'ultimo grande cacico di questo popolo, scelse i Salesiani come medìatorì di pace con l'esercito argentino. Depose le armi nel forte Roca il 15 maggio 1883. In un incontro con Don Cagliero, consacrato Vescovo missionario, gli affidò il giovane figlio Zefirino
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Dopo un viaggio lunghissimo e avventuroso verso il Sud dell'Argentina, i Salesiani entrano nelle terre degli indios nel 1879. Fondano le prime missioni a Patagònes e a Viedma, alla foce del Rio Negro. All'inizio del 1900 l'opera salesiana di Viedma mostrava questa salda struttura.
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La seconda spedizione di missionari arriva in Argentina nel 1876. Buona parte di essi sono per l'Uruguay. Il Delegato Apostolico ha manifestato a Don Bosco una situazione dolorosissima: in tutto l'Uruguay non esiste un seminario, un chierico, una scuola cattolica. I Salesiani aprono una scuola a Villa Colon, nella periferia della capitale.
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Approdano a Buenos Aires, in Argentina, il 14 dicembre 1875. S'imbatterono subito in una realtà inattesa e cruda: gli emigrati italiani. 30 mila in Buenos Aires, 300 mila in tutta la nazione. Tra essi i Salesiani iniziarono la prima, urgente missione. I risultati furono grandi.
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Ognuno dei partenti aveva con sé un foglietto con 20 ricordi speciali scritti da Don Bosco. Li aveva tracciati a matita sul suo taccuino durante un viaggio in treno. Il primo diceva: Cercate anime, non denari né onori né dignità.
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La sera del 29 gennaio 1875, davanti a tutta la comunità radunata, Don Bosco diede un annuncio entusiasmante: I Salesiani stanno per partire per le missioni della Patagonia. Cerco volontari per questa splendida avventura. Partirono in dieci, la sera dell'11 novembre. Li capeggiava Don Giovanni Cagliero, 37 anni.
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In Roma, nel 1880, si tentava di costruire un Santuario al Sacro Cuore di Gesù. Nonostante l'impegno personale del papa Leone XIII, i lavori erano fermi. Il card. Ali-monda suggerì di affidarlo a Don Bosco. Il Papa lo fece chiamare: Io però non potrò darvi denaro disse subito. E Don Bosco: Chiedo solo la sua benedizione. Aveva 65 anni. Quella costruzione, negli anni del declino fisico, lo obbligò a fatiche sovrumane.
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Nel 1881, dopo un burrascoso viaggio per mare, i Salesiani sbarcarono anche in Spagna. A Utrera, sul Mediterraneo, furono accolti con molta simpatia, specialmente dai ragazzi. Una nobildonna di Barcellona, Dorotea da Chopitea, pensava da tempo di fondare un'opera per i ragazzi della strada. Conobbe i Salesiani di Utrera e di Marsiglia e scrisse a Don Bosco. A Sarrià i Salesiani si stabilirono chiamati dalla nobildonna spagnola. I ragazzi della strada e i Salesiani che se ne presero cura trovarono in donna Dorotea da Chopitea una mamma forte e delicatissima.
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1879. Nell'antica abbazia benedettina di san Benigno, Don Bosco apre il suo primo noviziato. Di qui uscirà, formata nella mente e nello spirito, la generazione che porterà l'opera salesiana in tutto il mondo. Accanto al noviziato Don Bosco apre una scuola professionale, ancor oggi fiorente.
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A Marsiglia le strade sono piene di ragazzi abbandonati. Don Bosco, nel 1878, vi manda dodici Salesiani. La casa è poverissima. I primi otto ragazzi sono sistemati nel granaio. Ma è un'opera benedetta da Dio, e alcuni anni dopo i ragazzi ospitati sono duecento.
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Nel 1875 i Salesiani fanno la prima puntata fuori d'Italia, a Nizza. Gli abitanti della città vogliono bene a Don Bosco, chiedono i Salesiani, ma hanno solo una casa vecchia e rattoppata per ospitarli. Don Bosco accetta lo stesso: Le opere di Dio, se sono necessarie, bisogna iniziarle senza timore. I mezzi materiali Dio li manderà.
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Nel 1872 mons. Gastaldi, arcivescovo di Torino, chiamò Don Bosco e gli impose di prendere il collegio di Valsalice. Era un'opera per giovani aristocratici, in cui le finanze andavano a rotoli. Nonostante le relazioni già tese con l'Arcivescovo, Don Bosco si fece forza e rifiutò più volte: i Salesiani erano per i giovani poveri. Alla fine, per evitare un urto grave, accettò a denti stretti. Ma 15 anni dopo trasformò il collegio in Seminario per le Missioni.
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A Sampierdarena Don Bosco apre un ospizio per ragazzi poverissimi. Direttore è Don Paolo Albera, 26 anni. Si comincia con tre laboratori per ragazzi poveri e abbandonati. Accanto ai laboratori, Don Bosco vuole una sezione per ragazzi che pensano alla vocazione sacerdotale.
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Nel 1871 nove salesiani, provenienti in parte dal collegio di Cherasco, entrano in quello civico di Varazze. Li guida Don Giovanni Battista Francesia, uno dei primissimi ragazzi di Don Bosco.
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Sulla costa ligure, Don Bosco apre il suo terzo collegio: Alassio. Egli sta imprimendo una svolta decisiva alla Congregazione nata per gli Oratori. Perché? È in atto una grave crisi religiosa. La classe dirigente politica impone all'Italia una legislazione anticattolica e una scuola anticlericale. Con uno sforzo immane, per salvare la fede delle nuove generazioni, i cattolici aprono scuole cattoliche per i figli degli operai e dei contadini. Don Bosco si inserisce in questo sforzo, e nel giro di pochi anni i suoi Salesiani diventano specialisti del collegio per ragazzi del popolo.
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Nel 1864 fu aperto il Collegio di Lanzo. Don Bosco vi mandò come direttore don Domenico Ruffino, 24 anni, e sette chierici. La povertà e lo squallore furono i primi compagni. Un locale nudo, alcune muraglie rovinate — scrisse il chierico Sala —. Non c'erano sedie né tavole. Preparammo il rancio e lo mangiammo sopra una porta scardinata messa sopra due cavalietti. Le finestre senza vetri furono tappate con asciugamani. Dormimmo nella paglia. Tre anni dopo, il collegio era fiorente.
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Nell'autunno 1863, Don Bosco dice a don Rua: Ho da chiederti un grosso favore. Ci chiamano ad aprire un collegio a Mirabello, nel Monferrato. Penso di mandare te a dirigerlo. È la nostra prima opera fuori Torino. Avremo mille occhi addosso per vedere come ce la caveremo. Ho piena fiducia in te. Alcuni mesi dopo una cronaca riferisce: Don Rua a Mirabello si comporta come Don Bosco a Torino.
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Don Bosco e il suo ambiente: Da Valdocco al mondo intero
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Don Bosco volle una terza famiglia salesiana, quella dei Cooperatori. Dovevano essere Salesiani nel mondo. Creò uno strumento che servisse a tenerli uniti tra loro e con il centro delle Opere Salesiane. Fu il Bollettino Salesiano. Questo modesto fascicolo mensile (uscito nell'agosto 1877) penetrò e penetra ancora dovunque, guadagnando moltissimi amici a Don Bosco e alle sue opere.
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Nel 1848, Carlo Alberto concesse parità di diritti civili ai protestanti e agli ebrei. Subito dopo i Valdesi lanciarono una campagna di proselitismo, con tre giornali e molti libri a prezzi popolari. Rispondendo ad un appello dei Vescovi, Don Bosco fondò allora le Letture Cattoliche: libretti mensili di stile semplice, di contenuto religioso, a prezzi popolarissimi. Il successo fu straordinario.
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Nel 1855 Don Bosco pubblicò il suo libro più impegnativo, la Storia d'Italia raccontata alla gioventù. Ebbe crìtiche feroci dagli anticlericali, e lodi entusiaste in campo cattolico. Il celebre Nicolò Tommaseo scrisse: Ecco un libro modesto che gli eruditi degneranno forse appena di uno sguardo, ma che può nelle scuole adempiere gli uffici della storia meglio assai di certe opere celebrate.
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Don Bosco ebbe nell'Oratorio dei ragazzi splendidi, veri piccoli santi. Tre di essi morirono a distanza di pochi anni l'uno dall'altro: Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco. Egli ne scrìsse le biografie, perché diventassero modelli di altri giovani. Ebbero un'efficacia straordinaria, e ancor oggi sono letti con interesse e commozione.
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Accanto ai libri scolastici, Don Bosco trova il tempo di scrivere moltissimi altri libri e fascicoli: vite di Santi, libri di lettura divertente, manuali di preghiera e di istruzione religiosa. Il best seller è Il giovane provveduto per la pratica dei suoi doveri. Vivente Don Bosco, se ne pubblicarono milioni di copie. Era una scelta di riflessioni, preghiere e canti adatti ai giovani.
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La Storia Ecclesiastica, a cui segue la Storia Sacra (1849) non è una opera scientifica: nessuno dei libri di Don Bosco lo sarà. È invece un'opera popolare, adatta alla mente semplice e alla cultura modesta dei suoi ragazzi. Parla dei Papi, dei fatti più luminosi della Chiesa, traccia il profilo dei Santi, descrive le opere di carità che fioriscono in ogni tempo nel popolo di Dio.
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Nell'ottobre 1845, Don Bosco pubblica la Storia Ecclesiastica ad uso delle scuole. È il primo dei libri scolastici che scriverà per i suoi ragazzi, strappandoli al sonno, alla luce della lampada a petrolio, appuntandoli in fretta con una scrittura impossibile. Ognuno sarà non un capolavoro, ma un atto di amore per i suoi ragazzi.
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19 dicembre 1887. Le forze cominciano ad abbandonare Don Bosco. Il segretario lo prega di scrivere qualche parola su alcune immagini della Madonna che manderà ai Cooperatori. Don Bosco risponde: Volentieri. È un gesto che ha compiuto per tutta la vita. La prima frase che scrìve è: O Maria, otteneteci da Gesù la sanità del corpo, se essa è bene per l'anima, ma assicurateci la salvezza eterna.
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Il 1° gennaio 1862, alla buona notte, Don Bosco disse ai suoi ragazzi: Che ne direste se la Madonna stessa dicesse a ciascuno di voi una parola per il nuovo anno? Ebbene, la cosa è appunto così. Venite in camera mia, e darò a ciascuno un biglietto. Su un grande quaderno, accanto ai 573 nomi di ragazzi, Don Bosco aveva scritto una frase adatta a ciascuno. A ritirare la parola della Madonna si presentarono in 560. Tredici striscioline sono ancora nel quaderno.
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Maria Stardero una bambina cieca, fu miracolosamente guarita per la benedizione di Maria Ausiliatrice che Don Bosco le impartì nella sacrestia del Santuario a Torino. Egli era riuscito a stabilire un rapporto di fede straordinario con la madre di Dio. La gente veniva sempre più numerosa a ricevere quella che lui chiamava la benedizione di Maria Ausiliatrice. Ma essa, con profonda intuizione, chiamava Maria Ausiliatrice la Madonna di Don Bosco. E il santo ripeteva: Non è da me che dovete aspettarvi la benedizione ma solo da Dio, mediante il potentissimo aiuto di Maria Ausiliatrice.
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I santuari della Madonna furono sovente meta dei viaggi di Don Bosco. Nel 1863 si recò a Oropa. Scrisse di là una commovente lettera ai suoi ragazzi: Se voi, miei cari, vi trovaste su questo monte, vi trovereste commossi. Chi ringrazia la Santa Vergine, chi domanda di essere liberato da un male spirituale o materiale... Ma in mezzo a tanta gente, provo un grande rincrescimento: non vedo i miei cari giovani....
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Don Giovanni Battista Lemoyne, principale biografo di Don Bosco, scrive: Dopo Gesù, il suo tenero amore era per la Madonna, di cui professava una devozione filiale che cercava di inculcare in tutti nelle prediche, in confessione, nei discorsi familiari con una tenerezza che gli faceva trasparire dal volto il sentimento che riempiva il suo cuore (MB 2, 212).
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Molte volte qualcuno domandò a Don Bosco di spiegare in un libro il suo sistema di educazione (che lui chiamava preventivo). Ci provò nel 1876, tirando giù un abbozzo di 9 pagine. Ecco le parole centrali: Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione e sopra l'amorevolezza. Il fotomontaggio lo conferma e lo testimonia.
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L'amore al papa rimase sempre un punto fisso nella mentalità cristiana di Don Bosco. Lo diranno più papalino del papa, e non avranno tutti i torti. Non era questione di sole parole: per obbedire all'invito di un papa, Don Bosco brucerà gli ultimi tre anni della sua vita. E i ragazzi assorbivano questa mentalità.
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Don Bosco diceva che venti ragazzi su cento hanno la vocazione religiosa. Farla germogliare o fallire dipende dall'atmosfera in cui vivono. Da parte sua, all'Oratorio creò un'atmosfera intensa di religiosità sacramentale, mariana e papale. I frutti li vedevano tutti. Gli anticlericali definirono Valdocco la fabbrica dei preti. L'Arcivescovo gli affidò il seminario di Giaveno (nella foto) per far rifiorire le vocazioni.
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Il 6 giugno 1876, a Lanzo, Don Bosco ebbe uno di quei sogni che gli aprivano gli occhi sul futuro e sull'aldilà. Vide Domenico Savio, morto 19 anni prima. Una tunica candida gli scendeva ai piedi, una fascia rossa come il sangue gli cingeva i fianchi. Parlò con lui e si sentì dire: Sappi che Dio prepara grandi cose per la tua Congregazione.
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Ciò che in Don Bosco colpiva prima di ogni altra cosa era il suo sguardo. Dolce ma penetrante — lo definisce un testimone. — Giungeva fino al cuore. Un suo sguardo sorridente valeva un domanda, una risposta, un invito, un discorso intero.
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La parolina all'orecchio era uno dei tanti segreti educativi di Don Bosco, capace delle più grandi trasformazioni di un giovane. Eccone alcune: Come stai? E di anima come stai?. Pensa al giudizio di Dio. Pensa a Dio e sarai più buono e contento. Don Rua stava partendo per Mirabello, dove avrebbe aperto la prima casa salesiana fuori Torino. Don Bosco gli raccomandò: Procura di dire all'orecchio qualche affettuosa parola, che tu sai.
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Don Bosco suscitò sempre tra i suoi giovani il gusto di fare il bene insieme. Il 12 aprile 1847 nacque la prima associazione dell'Oratorio, la Compagnia di San Luigi. Negli anni 18551856 sorsero altre tre associazioni: la Compagnia dell'Immacolata, quella del SS. Sacramento e quella di San Giuseppe. La Compagnia dell'Immacolata fu fondata da san Domenico Savio per unire insieme i giovani migliori e trasformarli in piccoli apostoli. (La nascita di questa Compagnia è raffigurata nel dipinto del Caffaro Rore).
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Nel santuario di Sant'Ignazio sopra Lanzo Torinese, Don Bosco fece molte volte gli Esercizi Spirituali. Appena potè, anche a Valdocco iniziò ad organizzare ogni anno questi Esercizi per i ragazzi e per i Salesiani. Diceva: Gli Esercizi Spirituali ci muovono all'amicizia con Dio.
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Una volta al mese, Don Bosco voleva che i suoi giovani partecipassero a un ritiro spirituale che chiamava Esercizio della buona morte. Incoraggiava i giovani a confrontarsi con coraggio con questa decisiva realtà, alla luce della morte di Gesù. Nella foto: un Crocifisso delle camerette davanti a cui meditarono Don Bosco e i suoi ragazzi.
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Il secondo apostolato fondamentale di Don Bosco fu la Comunione frequente. Nel suo Oratorio introdusse tra i ragazzi la Comunione quotidiana, quando essa era guardata da molti con sospetto. Diceva: La base della vita felice di un ragazzo è la Comunione (MB 14, 126).
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Scattata nel 1861, questa foto di Don Bosco è tra le più belle ed efficaci, la Confessione fu uno dei suoi apostolati fondamentali. Confessò in tutte le situazioni: in chiesa e per strada, al letto dei malati e a cassetta con i vetturini. Diceva ai suoi preti: Se dovete dire due parole dal pulpito, una ditela sulla Confessione.
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Presentiamo ora alcune immagini che concretizzano visivamente l'apostolato di Don Bosco attraverso oggetti, luoghi e documenti storici. In questo fotomontaggio sono abbinati due pulpiti: quello delle buone notti (ora nel museo), che per anni era rimasto sotto il porticato testimone di mille e mille conversazioni di Don Bosco con i suoi ragazzi, e quello della Basilica di Maria Ausiliatrice dal quale Don Bosco pronunciava, per i giovani e per i fedeli, le sue prediche briose e persuasive.
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Nelle giornate di vacanza, i giovani della Società dell'Allegrìa di Chierì partivano per le colline di Superga. Fu in quelle passeggiate che Giovanni Bosco non solo vide, ma visitò per la prima volta Torino. Essa sarebbe diventata il campo di azione che la Provvidenza gli assegnava. Qui avrebbe lottato fino alla morte per i giovani umiliati dall'ignoranza, dalla miseria, dalla mancanza di Dio. E di qui avrebbe mandato i suoi Salesiani in tutto il mondo.
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In questo particolare del monumento è espresso il sorrìso di Don Bosco, che faceva scattare l'amicizia dei giovani. D sacrestano che aveva percosso Bartolomeo Garelli, e che era stato rimproverato da Don Bosco, gli domandò seccato: Ma a lei che gliene importa?. Don Bosco rispose: È un mio amico. La nuova tonalità che egli avrebbe dato all'educazione si chiamava amicizia.
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Gli exallievi salesiani, sparsi in tutto il mondo, sono milioni. Nel Congresso Internazionale del 1911 essi vollero edificare a Don Bosco un grande monumento, segno di riconoscenza. Fu inaugurato davanti al Santuario di Maria Ausiliatrice nel 1920. È opera dello scultore Gaetano Cellini.
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Gennaio 1884. Don Bosco non è più che l'ombra di se stesso. Sfinito eppure lucidissimo, capisce che sta per lasciare i suoi giovani e i suoi Salesiani. E allora scrìve il suo testamento: su un piccolo taccuino di poveri ritagli messi insieme in legatorìa. Sono le pagine più intime e accorate di Don Bosco.
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Questo bel dipinto della chiesa di San Francesco di Sales raffigura san Domenico Savio, Michele Magone e Francesco Besucco, i tre ragazzi di cui Don Bosco scrìsse la biografia. Furono i primi di moltissimi giovani, che nelle case di Don Bosco vissero intensamente la vita cristiana, fino ai vertici della santità.
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Le cinque planimetrie presentano le successive espansioni dell'Oratorio durante la vita di Don Bosco. Le ha pubblicate Don Fedele Giraudi, economo generale dei Salesiani, nel volume l'Oratorio di Don Bosco, accurata e reverente documentazione della prima Opera Salesiana.