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Le feste dell'Oratorio erano rallegrate da splendide recite. Egli stesso scrìsse soggetti teatrali. (La diapositiva ne presenta tre, accanto a un programma teatrale). In un articolo del regolamento, ricordò che lo scopo del teatro non è soltanto divertire, ma educare e istruire i giovani.
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Un oratorio senza musica è un corpo senz'anima, diceva Don Bosco. Per i suoi giovani escogitò mille modi per rallegrarli, e la banda fu tra i primi. Coltivava la musica strumentale e vocale come fontana dell'allegria dei suoi giovani. Voleva che i suoi ragazzi suonassero, e mise nelle loro mani giovanissime gli strumenti musicali. Volle che i suoi Salesiani si diplomassero in musica, per insegnare bene.
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In occasione della festa onomastica di Don Bosco, i giovani facevano capriole di fantasia per esprimergli la propria riconoscenza. Ecco tre curiosi attestati: uno a forma di cuore, un secondo a forma di cedola bancaria per riscuotere 6 mesi di buona condotta, un terzo a modo di fattura libraria che invece di libri elenca buoni propositi.
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Appena potè, aprì per gli apprendisti i laboratori interni. Dopo i calzolai e i sarti fu la volta dei legatori, poi dei falegnami e dei tipografi, finalmente dei meccanici. Per i suoi laboratori, Don Bosco inventò una forma nuova di religiosi: i salesiani coadiutori, religiosi come i chierici e i preti, ma dedicati alle scuole professionali.
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Nell'archivio salesiano si conservano alcuni contratti di apprendistato firmati dal datore di lavoro, dall'apprendista e da Don Bosco nel 1851 e 1852. Son tra i più antichi contratti per apprendisti firmati a Torino. Don Bosco, collocando i suoi primi giovani a imparare un mestiere, si preoccupava di difenderli dai padroni non sempre onesti.
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Fin dall'inizio i primi ragazzi di cui Don Bosco si occupò erano giovani operai o apprendisti o semplicemente immigrati delle campagne in cerca di lavoro. Procurava loro un padrone e, appena potè, li ospitò nell'Oratorio, nei laboratori aperti da lui.
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Il clima gioioso e festivo del primo Oratorio fu sempre tale per Don Bosco. Egli ricordava la scena commovente della partenza degli oratoriani, alla sera della domenica: Usciti di chiesa, sei dei più robusti facevano con le loro braccia una specie di sedia, sopra cui era giocoforza che io mi ponessi a sedere... Procedevamo cantando e ridendo fino al rondò... Fattosi profondo silenzio, io potevo augurare a tutti buona sera e buona settimana.
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Accanto al convitto interno popolato di ragazzi studenti e artigiani, continuò a vivere e a prosperare l'oratorio esterno. Quando non potè più occuparsene di persona, Don Bosco lo affidò a Don Giulio Barberìs. Gli oratoriani utilizzavano come loro chiesa quella di San Francesco di Sales, e giocavano su un'ampia striscia di terreno lungo il Santuario.
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D cortile dei giovani studenti si estendeva davanti all'edificio delle camerette di Don Bosco. Anche negli ultimi anni, consumato dai viaggi e dai debiti, Don Bosco non si stancò mai dei suoi ragazzi. Vederli, sentirli, fare dieci passi con loro, gli ridava la vita anche dopo giornate massacranti.
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Una lunga costruzione diagonale che correva lungo il tracciato dell'antica via Giardiniera, divideva il cortile dei giovani artigiani da quello dei giovani studenti. Ecco quello degli artigiani a fianco del Santuario. Qui sovente scendeva Don Bosco a sfidare i giovani più robusti alla corsa.
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Chi entrò nell'Oratorio tra il 1868 e il 1910, ebbe davanti questo scenario. Chi voleva raggiungere le camerette di Don Bosco, percorreva questo passaggio, tra la basilica e il margine del cortile dei giovani artigiani.
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Quest'antica fotografia ripresa dall'alto, è un prezioso documento delle prime costruzioni realizzate da Don Bosco. Il rifacimento della vecchia casa Pinardi (a sinistra), il suo prolungamento, il fabbricato delle camerette (al centro), e la casa Filippi dopo gli adattamenti apportati nel 1863. L'ospizio era iniziato e avviato.
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Con l'entrata in funzione dei nuovi edifìci, il numero dei ragazzi ospitati in Valdocco potè toccare il numero di 800. Stupisce il pensiero che in pochi anni Don Bosco, senza denari, abbia potuto realizzare opere così imponenti per i suoi ragazzi.
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Questi due edifici furono aggiunti all'Oratorio negli anni 1860-64. Il primo a sinistra è la casa Filippi, acquistata da Don Bosco per l'ingente somma di lire 65 mila. Il secondo fu costruito nel 1863-64. In onore di un salesiano coadiutore, che per anni fu umile magazziniere, fu chiamato palazzo Audisio.
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Questo edificio ad angolo fu costruito subito dopo la chiesa di San Francesco di Sales, nell'autunno 1852. Si alzò a tempo di record, ma le piogge scroscianti lo abbatterono nella notte del 1° dicembre 1852. Don Bosco ebbe un momento di profondo scoraggiamento, ma subito si riprese, e l'edificio fu ricostruito nell'estate del 1853.
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Sotto la chiesa di San Francesco di Sales collocò il refettorio dei giovani artigiani. La scala, ora murata, scendeva dal porticato che si apriva di fianco alla chiesa.
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Per disporre di più locali possibili, Don Bosco fece scavare scantinati sotto i nuovi edifici, e poi anche sotto la chiesa di San Francesco di Sales. Nella diapositiva si vede la rampa di scala che scendeva nello scantinato dov'era collocato il refettorio degli studenti e la cucina.
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Dove ora è l'ampio porticato, nel 1855 era la stanza dove Don Bosco raccolse gli scolari di terza ginnasiale (corrispondente all'attuale terza media). Professore fu il giovanissimo chierico Giovanni Battista Francesia. Tra gli alunni schierati nei banchi, c'era san Domenico Savio.
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Nell'autunno del 1853, Don Bosco iniziò i laboratori dei calzolai e dei sarti. Quello dei calzolai fu piazzato nel locale strettissimo che ora funziona come mini-sacrestia della cappella Pinardi: due deschetti e quattro seggioline. Fu Don Bosco il primo maestro: si sedette al deschetto e martellò una suola davanti a quattro ragazzi.
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Questo è l'edificio costruito da Don Bosco nel 1856 sul luogo dove sorgeva la casa Pinardi. II26 aprile 1852 c'era stato a Torino, terribile, lo scoppio della polveriera. La casa Pinardi, già malandata, ne uscì scossa e con tetti fracassati. La demolizione era sempre urgente. Finalmente Don Bosco ci mise mano nel 1856.
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Le cinque planimetrie raffigurano com'era l'Oratorio vent'anni dopo l'arrivo di Don Bosco a Valdocco, prima che sorgesse il Santuario di Maria Ausiliatrice: al piano sotterraneo le cucine e i refettori; a pian terreno la chiesa di San Francesco di Sales e cinque laboratori; al primo piano le camerate e gli uffici; al secondo piano gli archivi e altri uffici.
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Questo fotogramma del film Don Bosco può servire ad illustrare le parole che egli scrisse sui primissimi tempi dell'Oratorio: Non potendo avere locali per la scuola, per qualche tempo dovetti farla in cucina o in camera mia; ma gli allievi, fior di monelli, o tutto guastavano o tutto mettevano sottosopra.
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A Roma, nell'archivio storico salesiano, sono conservati i due contratti stipulati per l'affitto di casa Pinardi. Il primo, redatto il 1° aprile 1846, concedeva per 300 lire l'affitto di tre locali e di una striscia di terreno per tre anni. Il secondo concedeva l'affitto di altri locali della stessa casa. Le lire salivano a 710 annuali. La diapositiva, oltre al primo contratto ci presenta anche l'inventario della tettoia.
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Il pittore Bellisio, che fu tra i primi ragazzi dell'Oratorio, ci ha tramandato questo disegno della Casa Pinardi. Esso ci mostra la primitiva struttura dell'umile edificio che sarebbe divenuto poi il centro dell'Opera Salesiana. Dalla Casa Pinardi, infatti, i figli di Don Bosco si sarebbero diffusi in tutto il mondo.
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Don Bosco aveva tanto desiderato di vedere decorata la cupola del Santuario. Fu Don Rua a darne l'incarico al pittore Giuseppe Rollini, nel 1889.
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Nell'alto della cupola maggiore, il pittore Rollini ha raffigurato il trionfo e la gloria di Maria Ausiliatrìce in Cielo. Sotto le vittorie riportate dalla Chiesa, con l'aiuto di Maria. Ai piedi della Madonna sono raffigurate la missione di Don Bosco e dell'Opera Salesiana delle Figlie di Maria Ausiliatrìce.
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L'altro sogno è ricordato come Le due colonne in mezzo al mare, e fu raccontato da Don Bosco il 30 maggio 1862. Durante una violenta guerra che i nemici di Dio fanno alla Chiesa e al Papa, il romano pontefice guida la nave della Chiesa ad ancorarsi tra due robuste colonne, sormontate dall'Eucaristia e dalla statua della Madonna.
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Nella facciata interna del Santuario, due grandi quadri del pittore Mario Barberis ricordano due sogni drammatici di Don Bosco. Nel primo durante una terrìbile tempesta, parve a Don Bosco di portare a salvezza molti giovani su una modesta zattera.
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L'altare di san Domenico Savio è stato arricchito nel 1985 da questo quadro del Caffaro Rore. Il giovane santo è raffigurato come il protettore della gioventù attuale, impegnata nello studio, nel lavoro, nelle attività artistiche e sportive. Il gioioso bambino sorretto dalla madre lo addita pure come protettore della vita nascente.
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Presso l'urna di Don Bosco, il pittore Crìda eseguì questo quadro che raduna le caratteristiche del Santo: il suo amore per i ragazzi, il suo lavoro apostolico per portarli a Maria Ausiliatrìce e al Signore Gesù.
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Don Bosco volle che uno dei quadri più belli del santuario rappresentasse san Giuseppe mentre protegge l'Oratorio. Lo descrìsse lui stesso al pittore Lorenzone. Il quadro fu inaugurato solennemente il 2 aprile 1874.
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Il pittore Dalle Ceste ha rappresentato san Giuseppe Benedetto Cottolengo accanto a un povero vecchio che implora di essere accolto nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, da lui stesso fondata. Dall'altra parte è seduta una madre che lo supplica per sé e per il bambino che tiene in braccio.
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San Giuseppe Cafasso è raffigurato mentre parla a un gruppo di sacerdoti, tra i quali è Don Bosco. Fu questa l'attività principale: essere maestro di giovani sacerdoti. Nel Convitto Ecclesiastico, che diresse fino alla morte, avvenuta nel 1860, preparava i sacerdoti appena usciti dal Seminario ad essere preti di Dio e del tempo in cui erano chiamati ad operare.
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Don Bosco è raffigurato proprio a Valdocco in mezzo ai ragazzi che Io guardano con affetto e venerazione. La figura di Don Bosco — scrive Fedele Giraudi — è una delle più somiglianti, avendo il pittore riprodotto a perfezione quella tanto popolare del pittore Rollini, che si conserva nel piccolo museo presso le camerette del Santo.
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Molto ammirata, nel quadro del Crida, la figura di Bartolomeo, il ragazzo che guarda Don Bosco come estasiato, e gli sorride, contento per le parole buone che gli sono state rivolte.
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È qui raffigurato l'incontro di Don Bosco con il giovane muratore Bartolomeo Garelli, avvenuto l'8 dicembre 1841, festa dell'Immacolata Concezione di Maria, nella chiesa di San Francesco di Assisi. Esso segnò l'inizio dell'Oratorio festivo di Don Bosco, che fiorì per tre anni presso quella chiesa.
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Il quadro rappresenta il momento dell'arrivo di Don Bosco e di mamma Margherita presso la casa Pinardi, dopo la malattia e la convalescenza del 1846. Don Bosco indica il terreno che sta davanti alla casa, e col gesto sembra dire: Ecco, mamma, il campo del nostro lavoro.
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Don Bosco per molti anni passò ore e ore nel confessionale. Anche a tarda notte, dava a tutti quelli che lo desideravano la comodità di confessarsi. È risaputo che Don Bosco è stato anche definito il prete della Confessione.
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Nella sacrestia del Santuario sono raffigurati, in grandi quadri del pittore Crida, gli episodi principali della vita di Don Bosco. Qui è raffigurato Giovannino che, in un fienile, intrattiene i suoi amici con racconti e con brillanti lezioni di catechismo.
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Alla sera del 24 maggio, festa dell'Ausiliatrice, mentre scendono le ombre, il Santuario si illumina di una festa di colori. È uno spettacolo indimenticabile. Richiama migliaia di torinesi, che portano i bambini a vedere la Madonna.
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Questa statua di Maria Ausiliatrice viene portata in processione ogni anno, il 24 maggio, per le vie di Valdocco e dei borghi vicini. Essa sfiora il mercato generale della città, dove Don Bosco andava a cercare i suoi primi ragazzi, e passa lentamente nelle vie adiacenti il Cottolengo, dove i malati l'attendono per invocare la sua protezione.
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A destra, nella cappella delle reliquie, è la tomba del beato Michele Rua, uno dei primissimi ragazzi di Don Bosco e suo successore alla testa della Congregazione Salesiana per 22 anni.
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Presso l'altare maggiore sono conservate le due reliquie più preziose: del legno della santa Croce e del preziosissimo Sangue di Gesù. Il frammento del legno della Croce misura cm 17x10, ed è tra i più grandi che si conservino fuori Roma.
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Questa cappella sotterranea costituisce una rarità e un tesoro. Vi sono radunate e esposte oltre 60 mila reliquie di Santi e Martiri. Le radunò, durante tutta la sua vita, il commendatore Michele Bert, che le donò al Santuario di Maria Ausiliatrice.
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A destra dell'altare, il pittore ha rappresentato la scena del martirio dei soldati Avventore e Ottavio, uccisi nel 300 d.C. sotto l'imperatore Massimiliano. Solutore, ferito, riuscì a fuggire fino a Ivrea, dove fu lui pure ucciso. I loro resti sono conservati a Torino nella chiesa dei Santi Martiri, in via Garibaldi.
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Il quadro, alla sinistra della cappella, è del pittore Dalle Ceste, e ricorda il sogno in cui la Signora maestosa indica a Don Bosco il luogo preciso del martirio dei soldati della legione Tebea.
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Don Bosco narrò: In sogno una Signora mi disse: In questo luogo, dove i gloriosi martiri di Torino Avventore e Ottavio soffrirono il loro martirio, io voglio che Dio sia onorato in maniera specialissima. Così dicendo avanzava un piede posandolo sul luogo del martirio. Me lo indicò con precisione. Don Bosco ricordava quel punto, e lo additò durante gli scavi. Ora quel punto è segnato sul pavimento da una croce dorata.
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Nella parte inferiore del Santuario si trova un'ampia cappella chiamata comunemente delle reliquie. A destra di chi scende è la cappellina dedicata alla Vergine, chiamata cappella dell'apparizione.
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L'ampliamento del Santuario ha permesso di aprire, accanto al grande presbiterio, due amplissime cappelle laterali, ricche di marmi e di decorazioni. In esse, per moltissimi anni, si affollarono ogni giorno i ragazzi dell'Oratorio, a pregare e a cantare.
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A destra, presso l'ingresso principale, c'è oggi la cappella di Santa Maria Domenica Mazzarello, confondatrice delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Morì a soli 44 anni a Nizza Monferrato, dopo una vita di dolorosi stenti coperti dal sorrìso. Disse alle sue suore: In questo mondo, qualunque cosa avvenga, non dobbiamo né rallegrarci né rattristarci troppo. Siamo nelle mani di Dio.
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La cappella di San Francesco di Sales, a sinistra, è stata ora dedicata a Domenico Savio, il ragazzo santo. Nel 1950, primo adolescente, è stato canonizzato e proposto come modello di purezza e di apostolato a tutti i ragazzi del mondo. Un'urna di legno dorato raccoglie le sue gloriose spoglie.
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L'altare di san Giuseppe, di fronte a quello di Don Bosco, è ancora come lo ha voluto il santo. Don Bosco vide in san Giuseppe il protettore dei suoi ragazzi lavoratori. Il quadro del Lorenzone giganteggia sull'altare. Nei finestrini del transetto, due vetrate a colori richiamano lo sposalizio di Maria con san Giuseppe, e l'altra la morte di san Giuseppe assistito da Gesù e da Maria.
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Ecco il volto di Don Bosco. Un volto che ha sorriso a migliaia di ragazzi, comunicando la gioia della vita cristiana. Un volto che ha saputo soffrire perché i giovani avessero su questa terra meno fatica per vivere, e una visione di Cielo nel punto della loro morte. Il volto di un uomo di Dio.
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La salma di Don Bosco riposa in un'urna di bronzo sopra un lettino di velluto rosso. I resti del suo corpo sono rivestiti dei paramenti sacerdotali donati dal papa Benedetto XV. Il volto e le mani sono stati modellati in cera dallo scultore Cellini.
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Oggi i resti mortali di Don Bosco riposano sull'altare monumentale a lui dedicato nel santuario. È una massa imponente per la grandiosità artistica delle linee e per l'armonia policroma dei marmi. L'urna del santo è posta in alto, ben visibile a chi è discosto dall'altare, mentre è possibile avvicinarla passando dietro l'altare. Ai lati della mensa due grandi statue di marmo bianco simboleggiano la fede e la carità. Due grandi vetrate a colori rappresentano l'incontro di Bartolomeo Garelli e l'altra Don Bosco e mamma Margherita che giungono alla casa Pinardi.
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Don Bosco cercò di comunicare al pittore ciò che voleva vedere nel quadro con queste parole: In alto Maria SS. tra gli Angeli, intorno a Lei gli apostoli, i profeti, le vergini, i confessori. Nella parte inferiore i popoli delle varie parti del mondo che tendono le mani verso di Lei e chiedono aiuto. Don Bosco vedeva così l'Ausiliatrice: cuore della Chiesa e aiuto della Cristianità universale.
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Chi entra per la prima volta nel Santuario, è avvolto da una atmosfera di raccoglimento: si sente immediatamente attratto dal grande quadro che campeggia nella parete di fondo. Don Bosco lo pensò nei primi mesi del 1865. Ne affidò l'esecuzione al pittore Lorenzone.
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Dopo la canonizzazione di Don Bosco (Pasqua 1934), il Santuario risultò incapace di accogliere tutti i fedeli attirati in questa chiesa anche dalla santità di Don Bosco. Si eseguirono per tre anni lavori di ampliamento. Fu demolita l'antica abside e ampliato il presbiterio, sul quale fu eretta la seconda cupola, in perfetta armonia con quella edificata da Don Bosco.
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Le difficoltà finanziarie per la costruzione furono veramente grandi, ma Don Bosco potè affermare: Ogni mattone di questa chiesa è una grazia della Madonna. Se il povero Don Bosco riuscì a superare tutte le difficoltà, lo dovette all'aiuto dell'Ausiliatrice che si mise lei — secondo la parola di Don Bosco — a fare le questue più fruttuose.
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Oggi vediamo così la facciata del Santuario di Maria Ausiliatrice, costruito in stile tardo Rinascimento. L'architettura ricorda quella di san Giorgio Maggiore, a Venezia: due campanili ai lati e la cupola centrale che misura 19 metri di diametro, e s'innalza sopra la parte centrale della crociera.