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Nell'Istituto Salesiano di san Benigno Canavese si trova esposto questo quadro in formato ovale, firmato da Enrico Benzoni e datato 1886. Benzoni era artista bresciano che, avendo già abbozzato un ritratto di Don Bosco, riuscì ad ottenere da lui qualche momento di posa per la rifinitura del dipinto. Il quadro è stato lasciato ai Salesiani di San Benigno, come copertura della retta del figlio del pittore.
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Don Bosco è stato il soggetto per diversi pittori che si sono cimentati con la sua immagine. Il primo fu un oscuro artista di Varazze. Il suo quadro rivela più stima e affetto per il personaggio che perizia. A Varazze Don Bosco era caduto ammalato, all'inizio dell'anno scolastico 1870-1871. La gravità del male per molti giorni fece temere il peggio. Evidentemente il pittore rimase impressionato da Don Bosco convalescente e conservò nel ritratto i segni ancora visibili della malattia, appena superata.
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Fissiamo ancora lo sguardo su questa ultima foto della serie dei ritratti per imprimerci negli occhi e nel cuore il volto sereno e amabile di Don Bosco.
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La morte ha solo segnato di pallore il volto di Don Bosco, per il resto i lineamenti sono rimasti intatti. I visitatori sono sfilati a migliaia, ma quelli che non sapevano darsi pace erano i suoi ragazzi, a cui Don Bosco aveva riservato l'ultimo pensiero: Dite che li aspetto tutti, tutti in Paradiso.
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Don Bosco è morto il 31 gennaio 1888, alle 4 e 45 del mattino. Il fotografo Deasti e il pittore Rollini si incaricano di documentare la triste circostanza. La salma, rivestita dei paramenti sacerdotali, fu adagiata su un seggiolone a braccioli e così preparata per ricevere l'ultimo saluto della Famiglia salesiana e della cittadinanza torinese.
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Ultima fotografia di Don Bosco con i Missionari della dodicesima spedizione, destinati all'Equatore. Non abbiamo notizie sicure del giorno in cui è stata eseguita: sappiamo solo che tale spedizione venne salutata da Don Bosco, ammalato e stanco, la sera del 6 dicembre 1887.
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Spagna, 1886. Durante il suo soggiorno, Don Bosco assieme a tutti i giovani della casa salesiana, fu ospite di Don Luis Pasqual. È il 3 maggio e la splendida villa Marti Codolar per un giorno si trasforma in oratorio. Un avvenimento da ricordare con tanto di gruppo fotografico. n risultato è vivace e spontaneo e Don Bosco è contagiato dall'allegria generale: i suoi 72 anni si vedono tutti ma c'è ancora dell'energia nel suo portamento, accompagnata dalla sua tradizionale dolcezza.
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Gli exallievi sono un'altra di quelle invenzioni vincenti di Don Bosco che hanno fatto storia. Ogni anno, all'Oratorio di Valdocco veniva fissata una data per radunare attorno al Padre tutti gli antichi allievi, laici e sacerdoti. Nel 1884 gli exallievi sacerdoti hanno chiesto e ottenuto da Don Bosco questa foto ricordo.
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Terza spedizione missionaria, 1877. Per la prima volta si aggregano ai Salesiani anche le figlie di Maria Ausiliatrice da Mornese. Nella foto-ricordo impressiona la giovane età dei partenti, a testimonianza della grande fiducia che Don Bosco nutriva nel confronto deUe generazioni più giovani.
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In dettaglio, il gesto più significativo del momento: Don Bosco consegna a Don Giovanni Cagliero, capo della spedizione, il libretto delle Costituzioni, come guida, ricordo, presenza del Padre tra i figli che partono.
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1875: Don Bosco realizza il suo sogno di mandare i Salesiani nelle Americhe, tra i tigli degli emigrati. L'avvenimento è importante e movimenta l'opinione pubblica. A Valdocco arriva persino il console argentino, da Savona.
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I superiori dell'Oratorio nell'anno 1870. In mezzo ai suoi figli, con l'aria orgogliosa del padre soddisfatto, Don Bosco è ormai riuscito a dare alla sua opera le basi sufficienti per crescere e svilupparsi.
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La musica come strumento educativo: altra intuizione di Don Bosco. Ed eccolo con la sua Banda dell'Oratorio del 1870. C'è allegria, anche perché si sta celebrando il trentennale dell'Oratorio. Per Don Bosco un oratorio senza musica è un corpo senz'anima. Tra i componenti del gruppo ci sono i più bei nomi della tradizione musicale salesiana: dal maestro De Vecchi a Buzzetti a Don Cagliero a Giuseppe Dogliani.
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La confessione e la direzione spirituale sono per Don Bosco strumenti educativi irrinunciabili; e la foto è un documento fondamentale per la storia della pedagogia salesiana. Il gruppo ha una sua spontaneità, a dispetto dei lunghi tempi di posa che la tecnica richiedeva. Il penitente è Paolo Albera, che sarà poi il secondo successore di Don Bosco.
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Qui vediamo Don Bosco fotografato fra i suoi giovani. Siamo nel 1861 e l'incarico è stato affidato a Francesco Serra, exallievo dell'Oratorio. Curioso l'effetto di mezzobusto, che la corona dei ragazzi crea. Don Bosco appare orgoglioso di essi ed esprime una gioia pacata e serena.
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Oltre ai ritratti, Don Bosco è stato fotografato in situazioni diverse. Qui è nella sua camera, occupata dal 1853 al 1861: il documento ha una grande importanza storica, perché in questa camera sono entrati personaggi famosi e sono avvenuti episodi determinanti per l'opera salesiana. Qui, soprattutto, i suoi primi figli hanno potuto conoscere la paternità e la bontà di Don Bosco.
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La didascalia del biografo dice: L'ultima foto di Don Bosco, presa a Torino da Carlo Deasti, il 6 dicembre 1887. La data è improbabile, ma resta comunque l'ultimo documento fotografico di Don Bosco vivente. Serio, rigido, Don Bosco ha ceduto alle insistenze dei suoi figli che volevano assicurarsi ancora un ricordo della sua immagine, ma è chiaro come la malattia e la stanchezza hanno avuto la prevalenza sulla sua disponibilità.
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Arrivato in Spagna, Don Bosco fu preso d'assalto ancora una volta dai fotografi. Il Signor Raimundo Fages Buxò, tentando qualche istantanea, è stato tradito dalle condizioni della luce. La foto nella diapositiva, benché ritoccata, non è un grosso risultato se non fosse un documento preciso della sofferenza di Don Bosco in quei giorni: la sua stanchezza doveva essere enorme, se si osservano quegli occhi persi nel vuoto e quella bocca priva di sorriso.
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La terza foto Luzzati è uno splendido profilo. L'immagine ha fatto storia, per quello che dice di Don Bosco: una faccia energica, franca, affinata dalla sofferenza, che traspira bontà semplice e generosa, così come l'hanno ammirata i suoi primi figli.
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Mani conserte e volto di tre quarti. Qui è chiaro che Don Bosco sta allo scherzo, e tutta quella confusione, con il treno che aspetta, lo ha divertito.
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Questa è la prima delle tre foto realizzate a Sampierdarena nel 1886, dal signor Angelo Ferretto, operatore dello Stabilimento Angelo Luzzati, di Genova. Don Bosco è di passaggio, diretto in Spagna, e il marchese Spinola non vuole lasciarsi scappare l'occasione. La seduta di posa è organizzata in fretta e furia e se non fosse stato per la condiscendenza del capostazione, Don Bosco avrebbe anche perso il treno.
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Nizza 1885: Don Bosco ha 70 anni, l'età e la stanchezza sono evidenti, ma dal ritratto emerge anche il suo temperamento volitivo, la sua forza. Curiosa la capigliatura ricciuta simile al manto dell'agnello. È il ritratto di Don Bosco più diffuso in Belgio.
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Don Bosco scrittore. Con questa didascalia, la foto, datata 1884, è stata utilizzata in molte pubblicazioni. L'insieme infatti è gradevole, e Don Bosco pare aver raggiunto una certa disinvoltura con i fotografi dell'epoca.
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Francese è anche questa interpretazione di Don Bosco con crocifisso. La somiglianza con il soggetto è così scarsa da far pensare che si sia sfruttato un sosia. L'immagine ha cominciato a diffondersi dopo l'introduzione della causa di beatificazione e si rifa chiaramente ad una posa classica di san Luigi Gonzaga.
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Ecco un'altra curiosa elaborazione fotografica. L'originale dovette essere un dipinto realizzato da una pittrice parigina nel 1883, certa E. Salanson, allo scopo di aiutare l'opera salesiana. La bravura della pittrice ha saputo togliere molti anni a Don Bosco e presentarlo, con una certa somiglianza, in versione giovanile.
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Probabilmente questa foto, firmata da B. Mariani di Ivrea, è una edizione italiana delle foto marsigliesi: il rabat (la pettorina) è stato tolto, e dell'immagine, così ritoccata se ne è trovata copia nel 1984, presso una famiglia di benefattori lionesi.
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Lo sconosciuto fotografo francese ha insistito, ed ecco Don Bosco di profilo con un'espressione poco convinta e divertente.
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1881, Marsiglia. Don Bosco arriva in città per salutare un gruppo di missionari partenti e per risolvere alcune difficoltà sollevate dal governo francese contro le sue scuole. Per farsi fotografare, indossa la divisa del clero francese, per rispetto alle tradizioni del luogo e per non essere tacciato di nazionalismo. Risulta che la cosa lo abbia divertito, anche per la sua concomitanza con il carnevale.
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Nella terza posa, dello Schemboche, Don Bosco appare imponente, e seduto su una poltrona. Questa è la foto ufficiale della beatificazione, coerente con lo stile del tempo ma molto lontana dal rendere l'affabilità, la mitezza e il sorrìso di Don Bosco.
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In questa variante, Don Bosco è messo di profilo e in ginocchio. È una delle foto più sfruttate, per quel volto così spontaneo e per quei lineamenti così ben definiti e naturali.
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Al torinese Schemboche si deve un'altra serie di foto, in cui, a detta di chi lo ha conosciuto, Don Bosco è somigliantissimo. Qui la ricercatezza dell'inquadratura è sottolineata da quella colonna, e dal drappeggio elegante della veste. Di veramente suo Don Bosco ci ha messo solo le scarpe, tutte sformate. Per il resto ha lasciato fare. Siamo nel 1880.
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Stessa atmosfera mistico-religiosa, realizzata con un manierismo ancora più accentuato. Riprodotta su cartoncino raffinato, la foto porta la firma di Giuseppe Sartori. Si tratta del probabile autore di tutte e quattro le foto, di cui abbiamo detto.
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Questa posa è del 1878. Si vuole mettere in risalto il ruolo sacerdotale di Don Bosco, mediante la presenza di una precisa simbologia religiosa: Crocifisso, statua della Madonna, berretta. Il risultato è piuttosto statico e di maniera.
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Ecco il primo piano, ricavato da una foto di Giuseppe Sartori: dal volto traspare serenità e un pizzico d'arguzia.
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Questa è la prima di una serie di quattro foto, tra quelle raccolte da una speciale Commissione incaricata di reperire tutto il materiale documentario sulla vita di Don Bosco. Si tratta di foto molto somiglianti Puna all'altra, tanto da far pensare che siano state realizzate nella stessa occasione.
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Altra posa, abbondantemente ritoccata per escludere rughe e ombre dal viso. Databile attorno al 1875, deve essere stata eseguita per scopi di promozione dell'opera salesiana.
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Anche questa era una foto pubblicitaria, nel retro della quale Don Bosco scriveva di proprio pugno pensieri religiosi o preghiere. Notevole la vivacità dello sguardo, rara nei ritratti del tempo.
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Don Bosco a 54 anni, papalina e mani incrociate: più che in meditazione sembra in rassegnazione. Ai suoi benefattori doveva piacere così, se questa foto realizzata a Torino dalla Fotografia Alfieri è arrivata fino a Lecco, dove è stata trovata in casa di una benefattrice.
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Qualche anno dopo, (1869) sempre a Roma, tocca al fotografo DeUa Valle ritrarre il Santo. La posa è classica ed esprime austerità. Le indicazioni della regia devono aver convinto poco Don Bosco, che così risulta impacciato e per niente spontaneo.
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Nella stessa tornata di posa, Don Bosco si impose al fotografo che voleva eseguire un'altra foto e inventò invece una inquadratura più pastorale, coinvolgendo nella scena il figlio del fotografo, il maggiordomo di casa Vimercati e il suo segretario Don Francesia.
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Roma 1867. Ospite del conte Vimercati, Don Bosco sta lavorando per presentare a Pio IX i documenti necessari all'approvazione della Società di san Francesco di Sales. L'ospite lo prega di lasciargli un ricordo fotografico e Don Bosco posa tranquillo davanti al fotografo Achille De Sanglau.
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Il rapporto di Don Bosco con la fotografia testimonia la sua modernità e l'importanza che egli atribuiva all'immagine, come mezzo di informazione e di promozione delle sue opere. I suoi figli ne scopriranno in seguito anche l'importanza documentaria e per questo lo inviteranno a posare, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Questo è un curioso ritratto del 1862, realizzato da Bartolomeo Bellisio.
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Torino volle emulare Roma, per celebrare la santità del suo prete più famoso. L'8 aprile del 1934 fu giornata di pioggia, ma in città non si vide mai mente di più grandioso. La processione, voluta ad ogni costo dalla folla raccolta in 18 punti di concentramento, fu una stupenda dimostrazione di amore per Don Bosco e una testimonianza corale che le opere di Dio danno sempre grandi frutti quando trovano mani disponibili a realizzarle e terreno fertile ad alimentarle.
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La gloria del nuovo santo è una sintesi della sua missione e della sua opera: portare tutti ai piedi del Cristo risorto. Una giornata eccezionale, che anche la stampa vaticana sottolinea, perché mai si era assistito ad una canonizzazione in un contesto così significativo e in un ambiente di gioia così straordinario.
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La canonizzazione di Don Bosco fu voluta da Pio XI in una data e in un'occasione tutta particolare: domenica di Pasqua, chiusura dell'Anno Santo per il 19° centenario della nostra redenzione. Era il 1° aprile 1934. La canonizzazione viene salutata da un immenso grido di entusiasmo e di gioia giovanile.
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La gente applaude e grida: Don Bosco, Don Bosco, e ad ogni passaggio c'è un gruppo che intona per un'ennesima volta il ritornello Don Bosco Ritorna. Gli oratori festivi e le case salesiane sono rappresentati in massa e danno l'idea mondiale dell'opera di Don Bosco. L'ingresso dell'urna in Piazza Maria Ausiliatrice è salutato dalle campane della Basilica e da tutte le campane delle Chiese di Torino. Trasportata a spalle da un gruppo di sacerdoti, la salma entra finalmente nella pace della basilica.
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L'imponenza della manifestazione si può cogliere in questo passaggio del corteo in piazza Vittorio, una delle piazze più grandi dell'Europa di allora. Il gruppo molto folto delle autorità religiose e civili quasi scompare in mezzo alla marea di folla; ed è ancora folla, quando l'urna raggiunge la piazza della basilica, attesa dall'aristocrazia cittadina e dai rappresentanti del governo.
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Il 9 giugno 1929 Don Bosco viene trasferito da Valsalice a Valdocco nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Tutta Torino si è riversata nelle vie a salutarlo e a venerarlo. Il corteo ripropone fasti ormai sconosciuti anche alla città monarchica: l'urna di cristallo, incorporata in un'artistica struttura di legno, troneggia su un carro addobbato e scortato dagli ex-allievi salesiani. In questo modo Don Bosco ritorna a Valdocco.
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2 giugno 1929: Pio XI proclama Don Bosco beato. Quattro giorni dopo un'equipe medica dell'Università di Torino procede alla composizione della salma: il Prof. Canuto eseguì le operazioni necessarie per la sua conservazione; lo scultore Gaetano Cellini modellò sul volto e sulle mani di Don Bosco maschere di cera, che furono dipinte dal Prof. Cussetti. La salma fu rivestita di paramenti sacri. Adagiata su un lettino cremisi, preziosamente ornato, fu collocata all'interno di un'urna di cristallo.
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Il 16 maggio 1929 la salma di Don Bosco fu riesumata. Autorità religiose e civili, Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice furono presenti in grande numero. Lo stesso sindaco di Torino, Paolo Thaon de Revel, volle rendere omaggio all'illustre concittadino. Il giorno seguente fu fatta la ricognizione medico-legale e i resti mortali di Don Bosco risultarono perfettamente conservati. L'avvenimento mise in moto la simpatia e la venerazione dei moltissimi amici di Don Bosco, che volevano vedere e sapere, e fu difficile far fronte alla ressa che si era creata, per il grande concorso di popolo.
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La tomba di Don Bosco non potè essere collocata nella Basilica di Maria Ausiliatrice. Una legge severissima lo vietava. Fu anche difficile ottenere uno speciale permesso per inumare la salma a Valsalice, sulla collina torinese, all'interno di un collegio divenuto studentato di chierici salesiani. Il trasferimento della salma e la preparazione della tomba dovettero essere fatti, comunque, in segreto. Il 4 febbraio il primo successore di Don Bosco, Don Michele Rua, potè finalmente accompagnare il feretro nella dimora provvisoria di Valsalice. L'anno seguente, sulla tomba, venne eretta questa cappella.
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I funerali furono celebrati il 2 febbraio. Secondo stime, difficili da valutare, pare abbiano presenziato dalle cento alle duecento mila persone. Di sicuro l'imponenza del corteo, più che a un funerale, fece pensare a un trionfo. Una sorpresa per tutti, anche se l'apostolo dei giovani e il padre del popolo era molto conosciuto e universalmente stimato.
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Una semphce bara di noce accoglie la sua salma, dopo che una marea di persone, di ogni ceto e condizione, le aveva reso omaggio con infinita venerazione. Per 41 anni, fino aha sua beatificazione, il corpo di Don Bosco riposerà in questa modesta cassa, oggi conservata nel Museo Don Bosco a Torino-Valdocco.
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Don Bosco è morto il 31 gennaio 1888 a 72 anni di età. Le ultime fasi deha sua malattia erano state seguite con molta partecipazione dai ragazzi dell'Oratorio, alcuni dei quali avevano offerto a Dio la loro vita. L'opinione pubblica, informata con edizioni straordinarie dei quotidiani torinesi, sottolineò l'evento con commozione e rispetto. Ma furono soprattutto i suoi ragazzi a sentirne la perdita. Ad essi, poco prima di spirare, volle lasciare questo semphce ricordo: Vi attendo tutti in paradiso.
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Lasciata Genova, dalla stazione ferroviaria di Serravalla Scrivia raggiunsero a piedi Mornese passando per Gavi. Li aveva invitati Don Pestarino, salesiano esterno, che intendeva presentare a Don Bosco il piccolo gruppo delle figlie dell'Immacolata. Don Bosco indirizzò loro calde e incoraggianti parole. Tra tutte la più affascinata fu Domenica Mazzarello, la futura confondatrice delle figlie di Maria Ausiliatrìce. Da quel giorno ella si mise totalmente nelle mani del santo. In una gita a Lerma il sacerdote genovese Giovanni Battista Lemoyne, conquistato dalla santità di Don Bosco, decise di lasciare tutto e di seguirlo. Otto giorni dopo lo raggiunse a Torino. Diventerà uno dei suoi migliori collaboratori e il suo più grande biografo. Dopo il 1864, queste straordinarie esperienze di vita comune e di stile educativo non furono più ripetute. Restano nella memoria della Congregazione Salesiana come una testimonianza deha santità di Don Bosco.
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La passeggiata più lunga si effettuò nel 1864. Fu anche l'ultima: Don Bosco era ormai sempre più assorbito dal suo lavoro per poter continuare questa originale esperienza. A Genova, raggiunta in ferrovia, i ragazzi di Valdocco videro per la prima volta il mare. La visita al capoluogo ligure occupò tre intere giornate. Visitarono il porto, il faro, il celebre palazzo Doria e la famosa villa Pallavicini a Pegli.
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Fra tutti gli insigni e illustri benefattori di Don Bosco, spiccano i conti Callori di Vignale, ai quali Don Bosco inviò ben 57 lettere. In questo castello i ragazzi dell'Oratorio trascorsero sei indimenticabili giornate nell'ottobre 1862. La festa del Sacro Cuore di Maria fu il punto culminante per tutti, sia in senso religioso che folcloristico. La grande chiesa era affollatissima. Da tutti era attesa la predica di Don Bosco, che commosse fino alle lacrime il parroco Don Sereno. A sera fuochi di artificio e ascensione di palloni. Don Bosco, alla buona notte, annunciò che un giovane sarebbe morto all'Oratorio di Torino. La notizia non turbò affatto l'atmosfera gioiosa della festa: i ragazzi di Don Bosco a queste profezie erano abituati.
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Montemagno è un paese rurale dall'aria nobile. Oltre al maestoso castello, è caratteristica la chiesa parrocchiale, nella quale Don Bosco predicò più volte, sia in occasione del triduo dell'Assunta che in quello deUa Natività di Maria. Nel 1864, dopo tre mesi di aspra siccità, le sue preghiere unite a quelle del popolo ottennero il miracolo di un'improvvisa e abbondante pioggia ristoratrìce.
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Seconda tappa fu Montemagno, dove risiedevano i marchesi Fassati, attivissimi cooperatori salesiani. Riconoscente per i loro continui aiuti, Don Bosco ritornerà spesso e volentieri nella loro casa di villeggiatura. Nei pressi del santuario della Madonna di Valutò, stava giocando un ragazzo dai capelli rossi, scalzo e senza giacca. Partì di scatto quando sentì la banda, salì in paese e, a furia di gomitate, si piantò davanti a Don Bosco, che lo catturò immediatamente. Era Luigi Lasagna; entrato all'Oratorio, si fece salesiano e divenne missionario e vescovo in America Latina.
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Nel 1862, si partì da Villa San Secondo nel pieno del mezzogiorno: l'aria era infuocata, e i ragazzi camminavano stancamente alla ricerca di una fonte fresca. Invece si imbatterono in una fontana solforosa che battezzarono della puzza. E finalmente raggiunsero Calliano. Il parroco, Don Sereno, accolse Don Bosco e i suoi birichini nella sua canonica, che aveva appena terminato di costruire: fu un'inaugurazione davvero originale. Nel cortile della casa, sui carri agricoli fu allestito il palco e fu rappresentata la farsa: Le consulte ridicole. Si fece entrare anche il personaggio Gianduia, e per Gianduia la gente si sbellicò dalle risa.